Misticismo, ritualità, sacrificio, noci di cocco e piume di pavone in occasione di una delle festività più intense del sud asiatico.
10/11/2014 Lascia un commento
l Thaipusam è una celebrazione indù osservata dagli indiani in particolar modo di etnia Tamil, quindi originaria dallo stato indiano del Tamil Nadu, ma seguita anche in tutti quei paesi dove la comunità Tamil è presente. in particolar modo, nel Sud Est Asiatico, in paesi come la Malesia o Singapore, dove la presenza indiana, dall’epoca antica, si è riaffermata in tempi più recenti con la presenza coloniale inglese nell’area.
Origini
La festività è collegata all’osservanza del culto del dio indù Murugan, divinità guerriera, che ricevette dalla dea Parvati una “lancia” (con cui viene normalmente raffigurato) per sconfiggere il demone Soorapadman, secondo la mitologia vedica che descrive battaglie tra Asuras e i Devas, forze del male e del bene. Il Thaipusam è la festa che celebra questo episodio e coincide con lo zenith della stella Pusam nel mese di Thai, secondo il calendario lunare indiano – il che fa ricadere la festività tra il nostro gennaio o febbraio.
La vicenda mitologica ha ispirato la tradizione religiosa indiana nel celebrare il sopravvento e la vittoria di Murugan sulle forze del male e la sua fedeltà a Shiva, suo creatore. Le celebrazioni tipiche del Sud Est Asiatico si esplicano proprio nel rendere omaggio alla divinità dimostrando la propria fedeltà e il proprio valore. Questa dimostrazione è molto più che simbolica, ma soprattutto fisica, in quanto i fedeli più devoti si prestano a un lungo e faticoso rituale, preceduto da una ancora più lunga preparazione spirituale, del corpo e della mente. Dopo aver osservato settimane di preghiere, digiuni e una dieta vegetariana nei 48 giorni che precedono il giorno sacro, i devoti si radono il capo il giorno delle celebrazioni e compiono un pellegrinaggio verso un tempio o un luogo sacro al dio della guerra Murugan a cui richiederanno dei favori in cambio dei loro sforzi nel rituale, che si estende fino a 48 ore. Nel corso di questo, i devoti si caricano sulla testa o sulle spalle delle grandi “icone votive” chiamate kavadi, raffiguranti la divinità, simbologia indù o scene della mitologia vedica a queste riconnesse. Le donne e i bambini di solito portano sul capo dei pesanti otri o recipienti pieni di latte, che verseranno in omaggio al dio giunti a destinazione al tempio. Nel Sud Est Asiatico, specialmente in Malesia, la celebrazione si spinge oltre il fardello fisico, in quanto vengono praticati numerosi piercing rituali, che trafiggono la pelle, tra le guance, sulla pelle della schiena, sulla lingua o sulle labbra (sulla lingua o sulle guance tipicamente viene fatto passare uno spiedino metallico che riproduce la forma del vel, la lancia donata da Parvati a Murugan). Molti dei kavadi, oltre a essere sostenuti dalle spalle con un’imbracatura, spesso hanno parti o ganci che trafiggono la pelle. Alcuni anziché portare sulle spalle un kavadi, agganciano alla propria schiena delle catene legate a un piccolo carro, di solito anch’esso recante effigi sacre o statue. Questi componenti rendono lo spettacolo particolarmente cruento per chi non ne capisce il significato allegorico e religioso (benché, va detto, di solito non viene versato del sangue e i piercing rituali non sono sanguinolenti, anche se possono impressionare la vista). Questo aspetto è ulteriormente amplificato dalla caduta in trance di numerosi partecipanti. Infatti, le complesse ritualità e la partecipazione di migliaia di persone a quello che è una delle celebrazioni più importanti della cultura indiana meridionale rendono questo festival religioso particolarmente frenetico. I canti, i balli, la musica martellante rituale e gli effluvi degli incensi, combinati con il caldo tropicale e il dolore fisico fanno spesso cadere in trance i pellegrini, causandogli visioni e spasmi.
ll motivo di tanto sforzo e tormento è da ricercare nella volontà di purificazione spirituale dei devoti, che si riflette anche su un piano fisico; per gli occidentali può risultare poco comprensibile, ma lo diventa se pensiamo alla componente immanente e non trascendentale delle religioni darmiche. I devoti vivono per davvero, attraverso lo sforzo fisico, la preparazione spiritiuale e la frenesia rituale, un’esperienza mistica e ritengono in questo modo di entrare in contatto con la divinità alla quale, in cambio della loro devozione e dimostrata fedeltà, chiederanno un favore – di solito guarire un parente malato, avere successo nel lavoro, nella vita, risolvere un problema grave famigliare o di carriera, e così via.
Malesia
La Malesia ospita, soprattutto nella sua parte peninsulare, la più grande comunità indiana Tamil del Sud Est Asiatico dopo l’India e il Thapusam è festa pubblica nazionale, seguita soprattutto nei centri dove gli indiani sono più numerosi, in particolare nella Penisola.
Kuala Lumpur, dall’inizio del secolo scorso, è gradualmente divenuta il luogo di pellegrinaggio di tutti i fedeli tamil – non solo malesiani – che intendano partecipare al Thaipusam. Infatti, alle porte della capitale della Malesia, sono ubicate una serie di grotte – chiamate Batu Caves – che rappresentano il complesso sacro religioso dedicato a Lord Murugan più grande del mondo. Il Thaipusam alle Batu Caves attira ogni anno fedeli non solo dalla Malesia, ma induisti da tutto il mondo, che giungono da lontano come dall’Australia, dall’India stessa o persino dal Regno Unito o dagli Stati Uniti.
Il pellegrinaggio alle Batu Caves inizia alle prime ore del mattino del primo giorno del Thaipusam dal Tempio Mahamariamman collocato nel centro storico di Kuala Lumpur (non molto distante da Brickfields, lo storico quartiere indiano), dove i fedeli iniziano una lunga marcia a piedi verso le caverne situate in direzione Sentul. La processione può durare anche più di otto ore e nel corso della percorrenza i devoti, accompagnati dai loro famigliari che li assistono, portano già con sé i loro fardelli rituali (del peso compreso tra i 30 e gli 80kg e con un’altezza che può raggiungere i 2 metri). La loro destinazione di solito è la sommità della caverna principale alle Batu Caves, che ospitano al loro interno numerosi templi. Per raggiungere la sommità occorre percorrere 272 scalini ripidi, dalla base all’ingresso principale delle caverne. Giunti a destinazione, i kavadi e gli altri fardelli saranno rimossi, nel corso delle ultime preghiere, assistiti dai familiari e dai sacerdoti.
George Town
La capitale dello stato di Penang della Malesia, George Town, ospita la più antica comunità indiana della Malesia. Qui i primi inglesi giunsero e stanziarono la loro prima colonia, portando con sé numerosi indiani dall’India che vi lavorarono nelle piantagioni e nella costruzione di edifici. Un intero quartiere di George Town è conosciuto come Little India. Anche qui il Thaipusam è una celebrazione fortamente sentita. Molti abitanti di George Town preferiscono recarsi a Kuala Lumpur per compiere il loro pellegrinaggio alle Batu Caves, ma altrettanti rimangono nell’isola per compiere qui i loro rituali (in modo simile avviene comunque nel Pahang, nel Perak o in Johor e negli altri stati dove la presenza indiana è minore). I festeggiamenti e la processione si esplicano soprattutto nelle strade del centro storico e nel quartiere indiano; la recente realizzazione di un tempio induista, lo Arulmigu Sri Balathandayuthapani, vicino al giardino botanico di Penang ha offerto infine un luogo di destinazione al pellegrinaggio in tempi più recenti. Come a Kuala Lumpur, nel corso della cerimonia vengono rotti per terra numerose noci di cocco, un segno di buon augurio.
Singapore
Dopo la Malesia, è il piccolo Stato di Singapore ad ospitare una grande comunità indiana nel Sud Est Asiatico. Anche qui, come la Malesia, molti hanno le loro origini ancestrali e culturali nel Tamil Nadu ed osservano le tradizioni religiose legate a Murugan. Le processioni hanno origine, la sera prima del giorno fatidico al tempio Sri Layan Sithi Vinayagar (l’evento è a sé ed è conosciuto a Singapore come Chetty Pusam). Il giorno seguente i pellegrini si raduano al tempio Sri Srinivasa Parumal. A differenza della Malesia forse si vedono meno kavadi e meno piercing rituali, ma sono probabilmente presenti anche più non-indiani che prendono parte alla funzione, principamente cinesi buddhisti o “cindiani”. Il pellegrinaggio si estende in direzione di Tank Road, culminando al Tempio Sri Thendayuthapani.